Settimana 189
Dal 07/01/2001 al 14/01/2001
La rotta verso casa
Hurgada – Tawila
Sono le due del mattino qualche rumore ci ha svegliato o forse è l’assenza dell’ululato del vento. Il vento si è calmato, dobbiamo assolutamente approfittarne. Con uno sforzo di volontà enorme, ci alziamo e salpiamo. Questa volta è una fregatura! Appena scapoliamo il capo ci investe un violento vento con il mare ripido. Per fortuna a 15 miglia c’è un altro capo, quindi non ci resta che puntare verso la costa, dove le onde sono meno violente e stringere i denti.
All’alba ci si para davanti uno spettacolo orribile. Siamo a 10 miglia da Hurghada e la costa è completamente disseminata di enormi complessi alberghieri, moltissimi sono ancora in costruzione, sembrano dei loculi. Le montagne desertiche sembrano mutilate dai terrapieni creati dalle ruspe. Man mano che ci avviciniamo il mare si calma e possiamo prenderci una boccata di ossigeno. Non ci fermiamo ad Hurghada, dato che ci attrae ben poco, ed inoltre le autorità sembrano non gradire molto le barche di passaggio. Hanno vietato tutti gli ancoraggi dei dintorni e impongono una tassa di 300$ mensili anche se si resta poche ore.
Ci facciamo altre 20 miglia di mare rabbioso fino ad arrivare a Tawila, che è una splendida isoletta deserta e dorata, dove c’è un ancoraggio riparatissimo. Questo posto è un po’ il trampolino per la risalita del golfo di Suez. Dobbiamo aspettare condizioni di vento buone e partire. Quest’ultima parte del Mar Rosso è la più dura, ci sono pochissimi ridossi, il golfo è disseminato di piattaforme petrolifere (alcune delle quali dimesse e non illuminate) e c’è un traffico continuo di navi.
Ora il vento soffia violentissimo e freddo. Vicino a noi ci sono dei pescatori, alcuni stanno calando una rete vicino alla spiaggia e altri con delle lunghe pertiche, immersi nell’acqua gelida, spaventano i pesci per farli finire nella rete. Al calar del sole si ritrovano sulla spiaggia, fanno le loro preghiere e accendono un fuoco per scaldarsi e forse per cucinare qualcosa. Che dura vita!
Risalita verso Suez
“Ehi abbiamo compagnia!” Una barca a vela di 18 metri butta l’ancora a pochi metri da noi. L’equipaggio si sbraccia per salutarci e dopo pochi minuti siamo a bordo del “Vintas” per bere un caffe’ e scambiarci informazioni. I simpatico miscuglio di spagnoli e italiani si sta dirigendo nella direzione contraria alla nostra e con rammarico realizziamo che staremo in loro compagnia solo oggi.
La giornata e’ splendida il vento sta calando e così ne approfittiamo per una passeggiata sull’isola. La distesa sabbiosa spianata dal vento è purtroppo deturpata da ogni tipo di rifiuti persino catrame. Raccattiamo del legname per fare un bel fuoco, gli spagnoli ci hanno invitato ad una “parrillata” di carne sulla spiaggia. Forse dovremmo levare l’ancora e sfruttare il poco vento per risalire verso Suez, ma le previsioni hanno annunciato vento debole e variabile ancora per 3 giorni quindi possiamo aspettare un paio d’ore. La carne alla brace e’ buonissima, sara’ che ormai ne avevamo dimenticato il sapore!
Alle 4 del pomeriggio il vento e’ completamente assente, dobbiamo andare, leviamo l’ancora e partiamo.
Suez – Ras Malab
Notte in navigazione piena di luci: una bellissima luna piena, le fiammate delle piattaforme petrolifere e le luci delle navi. Passiamo due ore a testa fuori in pozzetto a controllare di non finire contro una piattaforma o una nave
Durante la giornata il vento da nord (contrario) lentamente aumenta, Ma non doveva esserci vento da Sud-est? Nel pomeriggio il mare si alza terribilmente. Fatichiamo ad avanzare contro le onde, che sono ripidissime.La prua si inpenna poi ricade rumorosamente nel cavo dell’onda. Dobbiamo trovare un ridosso. Per raggiungere Ras Malab ci mettiamo tutto il pomeriggio non riuscendo mai a superare la velocità di 3 nodi.
Quando finalmente buttiamo l’ancora nella baia ci sembra di essere usciti da un incubo. Sono le ultime luci del giorno e le prime della notte, un fantastica luna piena sta facendo capolino dietro le montagne della baia e velocemente si alza in cielo illuminando la costa come un lampione.
In pochi minuti siamo sotto le coperte!
Suez – Ras Matarma
Ieri sera c’è stata l’eclissi di luna, ma fuori faceva troppo freddo, quindi ci siamo accontentati di vedere l’inizio e poi ci siamo rifugiati sotto le coperte. Alle 8, dopo 12 ore di sonno, ci svegliamo con una temperatura all’interno della barca di 12°C! Non avendo la stufa, la nostra è una barca tropicale, non possiamo fare altro per scaldarci che accendere i fornelli e berci un te bollente.
Alle 8 riprendiamo la navigazione, sempre contro vento e contro le onde. Siamo a 50 miglia da Suez, e poiché non abbiamo voglia di sbattere per 12 ore, scegliamo di dividere il tragitto in due tappe.
A mezzogiorno ci ancoriamo a Ras Matarma che è una città di case nuove, ma guardando con il binocolo non si vede in giro nessuno, forse è un luogo di villeggiatura ed ora siamo fuori stagione. Passiamo il pomeriggio al sole al riparo dal vento, per immagazzinare un poco di calore per la notte, come le lucertole.
Canale di Suez
Oggi se tutto va bene è l’ultimo giorno di navigazione nel Mar Rosso. Non ne possiamo più: andare contro vento e mare è uno sport poco piacevole. Abbiamo notato che la mattina presto il vento è più debole, quindi ci facciamo l’ennesima levataccia e alle cinque siamo gia in movimento. Il vento oggi non è troppo forte e le onde ormai non hanno più spazio per svilupparsi, dato che siamo a poche miglia dalla fine del golfo.
L’approccio a Suez è abbastanza traumatico. Un’immensa nave fabbrica (sono i giapponesi che finiscono le auto in navigazione dentro queste grandi navi dalla forma rettangolare) ci suona la sirena, gli siamo tra i piedi. Noi ce ne stavamo ai bordi del canale e non capiamo dove voglia andare, comunque vediamo bene di cambiare rotta, sembra un palazzo di 10 piani e, date le dimensioni ha tutte le ragioni. Allontanandoci vediamo che la nave si voleva ancorare esattamente nella zona dove stavamo navigando, e noi che ce ne stavamo fuori del canale per non dare fastidio a questi mostri marini!
Poi una barca di piloti del porto si avvicina, vogliono dei pacchetti di sigarette. Non siamo abituati alle richieste di regali o mance (bakshesh), ma nei prossimi giorni saranno molto frequenti. Rispondiamo di no con un sorriso.
Siamo a poche centinaia di metri dall’ingresso del canale, dobbiamo infilarci dentro per raggiungere lo yacht club, chiediamo l’autorizzazione via radio per entrare. Chiamiamo il Port Control, ma immediatamente una selva di voci inizia a chiamarci chiedendoci di spostarci su vari canali. Sono degli agenti per il transito del canale che si spacciano come “controllori del porto”. Per attraversare il canale sono necessarie parecchie pratiche burocratiche per le quali bisogna affidarsi ad un agente. Gli agenti sono tanti e le barche di passaggio ormai sono poche (a causa della pirateria nel golfo di Aden la maggioranza preferisce passare per il Sud Africa) così tutti i mezzi sono buoni per accaparrarsi un cliente. E’ necessario arrabbiarsi, perché l’autorità portuale (probabilmente compiacente con gli agenti) intervenga e finalmente ci dia il permesso di entrare.
Prendiamo il corpo morto davanti allo yacht club e immediatamente siamo abbordati da un agente. E’ d’agenzia conosciuta e consigliata quindi lo facciamo salire a bordo. Il tizio dell’agenzia si rivela efficiente e dopo un ora arriva anche l’ufficiale del canale di Suez per misurare la barca. Passeremo il canale sabato e domenica, domani è venerdì giorno di riposo per i musulmani e anche per noi!
Canale di Suez
Oggi non abbiamo fatto niente, o quasi. Un po’ di pulizia a bordo, un paio di giri con le taniche per riempire i serbatoi d’acqua e poco altro. Il tutto allietato dalla cantilenante voce del muezzin della vicina moschea. E’ venerdi, la domenica mussulmana, e la preghiera è più lunga del solito. Domani mattina presto passeremo il canale di Suez.
Canale di Suez
Siamo a metà del canale di Suez. Fuori fa un gran freddo. Per oggi niente diario.