Nosy Mitsio e arrivo ad Hellville

Settimana 159

 dal 11/06/00 al 17/06/00

Domenica

Evidentemente si è diffusa la notizia della nostra presenza, e alle 9 iniziamo a vedere in lontananza delle canoe a vela che puntano verso di noi.

Il primo che ci raggiunge è quello di ieri dei granchi. Oggi è accompagnato da una ragazzina che ci offre dei limoni profumatissimi. Gli offriamo in cambio tre sacchetti di fagioli secchi; li soppesa e poi con un largo sorriso ci comunica che accetta lo scambio.

Poi tocca ad una coppia di ragazzi giovani; anche loro hanno i limoni, ma non ci sentiamo di deluderli dopo la navigazione che hanno fatto per raggiungerci. Dopo mesi di atolli sperduti un po’ di vitamina ci farà bene, così proponiamo lo scambio per un paio di orecchini. La ragazza accetta immediatamente.

Poi è la volta di un vecchietto vestito con una giacca tutta stracciata uno straccio intorno alla vita ed un copricapo arabo. Quando vediamo cosa ci offre ci brillano gli occhi; un cestino con 5 papaie! Sono mesi che non mangiamo frutta fresca; gli proponiamo lo scambio con un paio di scarpe vecchie ed una maglietta. Siamo entrambi contenti e convinti di aver fatto un gran affare!

Sono tutti simpatici e cordiali ed è un peccato che non riusciamo a comunicare!

Per pranzo un ottimo piatti di ravioli al granchio del fango!

Lunedì

Appena svegliati ci accordiamo di una persona che dalla riva ci fa dei segni agitando le braccia. Guardiamo con il binocolo, è un “ometto” sembra quasi un boscimane, ed ha due taniche di plastica che ci mostra; è la sua mercanzia.

Non saranno sicuramente dei limoni! Non resistiamo alla curiosità e prendiamo il gommone ed andiamo a terra a vedere cosa ci offre.

Non parla niente di comprensibile ma ci mostra le taniche e capiamo che dentro c’è del miele; è grezzo, ci sono i pezzi di favo, ma quando lo assaggiamo scopriamo che è delizioso. Gli proponiamo uno scambio ma lui è irremovibile e vuole i soldi. Abbiamo solo dei dollari USA, lui sembra conoscerne il valore ma forse non sa fare i calcoli per determinare quanto chiederci.

Gli proponiamo 10$ per una tanica da 5 litri, prima non accetta, poi quando ce ne stiamo per andare ci rincorre ed accetta, anche se non sembra molto convinto e probabilmente non capisce se ha fatto o meno un affare.

Passiamo il pomeriggio a “lavorare” il miele. Primo lo lasciamo al sole per renderlo liquido, poi lo facciamo filtrare in un colino per eliminare i pezzi di favo e le api morte. E’ buonissimo!

Martedì

Dopo la colazione salpiamo alla volta di Nosy Mitsio. C’è un bel vento teso, navighiamo di bolina larga senza onda e andiamo veloci. Peschiamo anche un bel Whaoo lungo 1.3 metri!

Arrivati a Nosy Mitsio, ci ancoriamo in una baia protetta e ci facciamo due grossi tranci di pesce al BBQ: squisito!

Nella baia ci sono ancorate altre 3 barche tra cui Jalan, una barca australiana che abbiamo incontrato alle Maldive e alle Chagos. Dopo pranzo ci fa visita Peter di Jalan, gli offriamo un paio di tranci di pesce e lui ci invita per l’aperitivo sulla loro barca.

Nel pomeriggio siamo la meta di decine di ragazzini che con le loro canoe vengono ad offrirci le loro mercanzie: uova fresche, papaie, banane e limoni. Ricambiamo con magliette, cappellini e qualche vecchio numero di Topolino che riscuote un gran successo.

Processiamo il Whaoo che finisce in vasetto sott’olio e poi alle 18 andiamo sul Jalan per l’aperitivo, ci sono anche i danesi di Lizzie. E’ un mese che non parliamo con nessuno e ci fa piacere tornare a socializzare.

Scopriamo, con un po’ di orgoglio, che i “Jalan” sono partiti poche ore dopo di noi  dalle Chagos e sono arrivati in Madagascar 2 giorni dopo di noi! Si parla della traversata e della burrasca che ci siamo beccati. Loro hanno l’anemometro e ci confermano che le raffiche superavano spesso i 50 nodi che gli hanno causato la  rottura del genoa parzialmente rollato. Noi avevamo la trinchetta!!

Mercoledì

Il tempo è bello, e non se ne parla neanche di muoversi. Per tutta la mattina è un andirivieni di ragazzini che ci portano tanta frutta e uova.

Conosciamo Mariel e Giovanni, una coppia di francesi che abitano a Mayotte e che conoscono il Madagascar molto bene. Li invitiamo a cena e davanti ad una aragosta (comprata per pochi dollari dai pescatori del villaggio) ed ad una bottiglia di vino francese ci scambiamo un sacco di informazioni e passiamo una piacevole serata.

Giovedì

La voglia di un insalata ed una bistecca ci spinge a levare l’ancora e a dirigersi verso sud.

Sono mesi che non mangiamo verdura fresca e abbiamo saputo che a Nosy Be c’è un ricco mercato con ogni ben di dio. Abbiamo finito anche la birra!

Arriviamo a Crater Bay, Nosy Be , giusto prima del tramonto. In 50 miglia di navigazione abbiamo fatto un salto nel tempo! Siamo passate da un villaggio primitivo con poche capanne ad una città. La baia è piena di barche, almeno una cinquantina, ed è difficile trovare un posto dove ancorarci che abbia una profondità decente. Il nostro salpa-ancore ha deciso di smettere di funzionare e per evitare di spaccarci la schiena dobbiamo buttare l’ancora in meno di 10 metri di profondità.

Nonostante l’affollamento c’è un branco di tonni che ha trovato la cena, probabilmente un branco di sardine, e da spettacolo con salti e piroette fuori dall’acqua.

Venerdì

Ci spostiamo ad Hellville, sono solo 5 miglia, per fare le pratiche di ingresso in Madagascar. In teoria potevamo anche andarci in taxi, ma a volte i doganieri fanno le storie perché vogliono vedere la barca, quindi non rischiamo.

“C’è Sansibar!!”

Ancorati nella baia della città troviamo i nostri amici tedeschi. Grandi abbracci, e tante cosa da raccontarci ed informazioni da scambiarci, ma prima il dovere e poi il piacere: dobbiamo andare a fare le pratiche di ingresso.

Andiamo a terra con il gommone ma senza il motore, perché i nostri amici ce lo hanno sconsigliato in quanto i ragazzini che fanno i guardiani se c’è il motore lo usano per scorrazzare nella baia consumando tutta la benzina.

Lasciamo il gommone affiancato ad una barchetta ben poco rassicurati dal nostro giovane guardiano che ci offre di prenderlo in custodia.

Il molo in cui sbarchiamo è pieno di vita; ci sono 3 barche da carico tradizionali con un sacco di gente impegnata nello scarico di legname e mercanzia varia. C’è un gran baccano, urlano tutti, ma con il sorriso sulle labbra. E’ Africa!

Troviamo la capitaneria di porto e iniziamo il solito calvario burocratico: compiliamo 4 moduli uguali con sempre i soliti dati, poi si va alla dogana dove ne consegnamo uno, paghiamo e riceviamo un timbro su un altro foglio. Stessa cosa all’ufficio sanitario e  all’immigrazione; poi torniamo dal capitano del porto col nostro foglio pieno di timbri il quale compila altre scartoffie, chiede un altro pagamento e finalmente ci restituisce il libretto della barca con tutti i fogli che dimostrano l’avvenuta pratica di ingresso.

Ci raggiungono Michael e Anita di Sansibar e ci fanno da guida alla scoperta della città; lì si cambiano i soldi ad un tasso migliore della banca, lì hanno il vino ed i formaggi buoni, lì si trovano le merci di importazione, etc.

Ci fermiamo a bere qualcosa in un piccolo bar con i tavolini sulla strada principale e ci godiamo il passeggio di una moltitudine di persone, per lo più donne, colorate e sorridenti.

Alle 11.30 i negozi iniziano a chiudere, per cui ci andiamo a comprare i pomodori, l’insalata ed una enorme bistecca e poi torniamo in barca per il pranzo.

Il pomeriggio passa in chiacchiere con Anita e Michael.

Sabato

Al mattino andiamo a fare la spesa ai vari negozi e supermercati. Sono mesi che non vediamo un negozio, la cambusa è vuota e saranno necessari parecchie spese per ripristinare le scorte.

Il pomeriggio torniamo in città per trovare il modo di ricevere ed inviare le e-mail. Sono mesi che siamo scomparsi “dalla rete” ed è tempo di rifarci vivi. Non esiste un internet cafè, e l’unico sistema è di usare il modem di un negoziante indiano di tessuti.

Cena a base di Zebù da Sansibar.