dal 19/07/98 al 25/07/98
Settimana 60
Arrivo ad Ahe nelle mitiche Tuamotu
Domenica
Notte con qualche piovasco e senza vento, andiamo a motore. Siamo circondati da luci, sono le due barche brasiliane, una sudafricana ed una australiana. Lorenzo pesca un dorado, così abbiamo qualcosa di fresco da mangiare.
Per radio sentiamo che c’è stato un grosso maremoto in Nuova Guinea con un’ onda di 15 metri che ha spazzato la costa seminando morte e distruzioni. Speriamo che non arrivi fino a qui.
Lunedì
Cielo coperto e poco vento andiamo a motore.
Martedì
Torna il sole e il vento navigazione confortevole.
Mercoledì
Notte terribile. Un groppo dietro l’altro con violenti colpi di vento.
Con tre mani di randa e trinchetta facciamo quasi costantemente otto nodi, poi siamo costretti a togliere la randa, perché il vento è troppo forte e la barca rischia di diventare ingovernabile.
All’alba il mare è molto grosso ed il vento sempre forte ma almeno il cielo è pulito. Facciamo un po’ di conti e dato che non riusciremo ad arrivare entro sera, a mezzogiorno togliamo tutte le vele e andiamo a quattro nodi sospinti dall’albero nudo e dalla capottina.
Si rolla terribilmente ma il timone a vento tiene la barca con il vento in poppa, questa è l’andatura che molti ci hanno consigliato in caso di una burrasca grossa e la barca sembra comportarsi bene.
Giovedì
Andiamo lo stesso troppo forte e alle due, quando mancano 10 miglia e sul radar l’atollo appare chiaro, siamo costretti a metterci alla cappa con la trinchetta a collo.
Così è un po’ più confortevole e riusciamo anche a riposarci a turno. Il vento è ancora molto forte, ci saranno almeno 30 nodi e anche il mare non scherza. All’alba ci godiamo lo spettacolo dell’atollo con i suoi bassi isolotti di sabbia bianca ricoperti di palme.
Siamo però scarrocciati troppo ad est e ora ci tocca bolinare per raggiungere la passe, comunque ormai siamo sottovento ed il mare è più calmo. Siamo un po’ tesi perché ci attende l’ingresso nella passe, che da tutti i naviganti è piuttosto temuta a causa dei coralli che la circondano e delle forti correnti di marea che possono raggiungere anche i 7 -8 nodi.
Dato che noi a motore al massimo ne facciamo sei, dobbiamo aspettare il momento giusto per entrare. Una volta ogni sei ore la marea si inverte. Un ora dopo l’inversione (slack in inglese) la corrente è minima, però solo per poche decine di minuti.
Dalle tavole di marea deduciamo che il momento buono per oggi è all’incirca verso mezzogiorno, così gironzoliamo all’esterno ammirando lo spettacolo dei ciuffi di palme che si stagliano contro un cielo azzurro e terso. Verso le 10 la stanchezza per la notte in bianco e la frenesia di entrare prendono il sopravvento e dopo un’ispezione all’imboccatura della passe decidiamo che la corrente non è troppo forte e che possiamo entrare.
Comunque siamo contro vento e se per caso a causa della corrente non riusciamo ad avanzare c’è spazio sufficiente per girarsi ed uscire.
L’ingresso è più facile del previsto, la passe è abbastanza larga e libera da ostacoli e la corrente al massimo di quattro nodi, così in 10 minuti ci troviamo nella laguna, che a causa del vento è piuttosto agitata.
Per arrivare all’ancoraggio ci sono da fare altre quattro miglia, ma il percorso è segnalato da boe e non ci sono problemi. La navigazione nelle lagune degli atolli è piuttosto pericolosa, perché ci sono le teste di corallo che in 30 metri di profondità emergono quasi alla superficie e quando c’è mare mosso o la luce non è buona sono difficile da individuare.
Ci ancoriamo in una piccola laguna dentro la laguna, davanti al villaggio di Ahe, e nonostante il forte vento si sta bene e ci godiamo lo spettacolo. L’anello di isolette (motu) ricoperte di palme da cocco e i differenti coloriche assume l’acqua della laguna in funzione della profondità sono come nei depliant turistici.
Siamo stanchi ma contenti, le Tuamotu erano l’obiettivo principale del nostro viaggio e finalmente ci siamo arrivati. Sistemiamo un po’ la barca, domani arrivano Mario e Stefania e poi ce ne andiamo a dormire.
Venerdì
L’aeroporto ad Ahe è dalla parte diametralmente opposta al villaggio e per raggiungerlo è necessario almeno una mezz’ora di navigazione a bordo di un potente motoscafo.
Andiamo al villaggio per vedere se qualcuno ci può dare un passaggio. Sul moletto conosciamo Dominique e Jean Marie, che hanno una bella barca ancorata davanti a noi, e dopo poco ci invitano sul motu di Jean Claude e Rose, che gestiscono una piccola “ferme perlier” cioè un allevamento di perle, e ci assicurano che Jean Claude deve andare all’aeroporto e ci accompagnerà lui.
Così dopo poco ci troviamo sullo splendido motu a pranzo con un tavolo pieno di pesce. Jean Claud è un bretone che all’età di 20 anni è venuto ad Ahe a lavorare in uno dei primi allevamenti di perle, poi ha conosciuto Rose l’ha sposata ed ora si sono messi in proprio sul motu della famiglia di Rose. Ci sono anche Marisa e Francoise, una coppia lui francese e lei cambogiana, che dopo aver subito dei grossi danni alla loro barca a causa di un ciclone,l’hanno messa su un cargo e spedita in Francia ed ora andranno a stabilirsi in Nuova Zelanda.
Dopo pranzo, nonostante il forte vento e le grosse onde Lorenzo e Jean Claude e Francoise vanno all’aeroporto con il potente motoscafo di Jean Claude. Alle 17 ritornano con Mario e Stefania che sono completamente fradici per le onde sollevate dal vento che è aumentato a 40 nodi. I nostri poveri ospiti sono pallidi e stanchi sia per il viaggio sia per l’impatto decisamente forte con le acque della Polinesia.
Tornati in barca noi abbiamo una gran voglia di chiacchierare, per sapere le ultime novità dall’Italia, così li teniamo alzati fino a che non crollano sfiniti.
Sabato
Come da accordi alle 10 Jean Marie ci passa a prendere e ci trasferiamo tutti sul motu. Oggi è l’ultimo giorno di permanenza di Marisa e Francoise, così stasera ci sarà una grossa festa di addio.
Noi ci offriamo di cucinare la pasta fatta in casa, e sbarchiamo armati di tutto il necessario. Appena arrivati approfittiamo della bassa marea e andiamo tutti a passeggiare sulla barriera corallina dalla parte dell’oceano. C’è una luce intensissima e i colori sono drammatici: il verde delle palme, il bianco della spiaggia, il giallo oro della barriera scoperta ed il blu intenso dell’oceano e del cielo.
La barriera, a causa dei grossi blocchi di corallo divelti dall’ultimo ciclone o dalle grosse burrasche, sembra di essere sulla luna. Sotto la direzione di Dominique raccogliamo le conchiglie: i mao’a che sono ottime sia bollite che cotte sulla brace e altre conchiglie che serviranno per fare le collane. A mezzogiorno sotto il sole impietoso l’acqua dell’oceano inizia a risalire e così ritorniamo alla ferme ove ci attende, neanche a dirlo, un pranzo a base di pesce.
Nel pomeriggio assistiamo ai grandi preparativi per la cena di addio di Marisa e Francoise: Dominique prepara tre dolci, Marisa la pizza da cuocersi sul barbecue (muoriamo dalla curiosità di vedere come viene), Rose, la padrona di casa, prepara il pesce crudo alla polinesiana e noi prepariamo la pasta fatta in casa.
La cena è superba. Ci abbuffiamo oltre ogni limite, cercando di assaggiare tutto. La pizza, cotta su dei fogli di alluminio sul barbecue è buona e sicuramente la rifaremo. Per digerire Rose ci canta e suona qualche canzone polinesiana e qualcuno si lancia in un improbabile tamurè. Dato che è tardi rimaniamo a dormire a casa di Rose e Jean Claude.