La splendida Apataki

dal 23/08/98 al 29/08/98

Settimana 65

La splendida Apataki

Domenica

Finalmente ci muoviamo!

E’ difficile avere le condizioni ideali per tutto. Le variabili sono tante: bisogna avere la luce alle spalle per uscire, lo slack (il cambio tra le due maree) con l’alta marea, giacché all’ingresso abbiamo toccato, l’ora giusta per poi arrivare alla passe dell’altro atollo con le condizioni giuste.

E’ impossibile far coincidere tutte queste condizioni così scegliamo di partire verso le 13 quando il sole è alto (essenziale per vedere in trasparenza le teste di corallo ed evitarle) ma lo slack è quello della bassa marea. Hans, che si è immerso nella passe ci ha assicurato che se si sta sul lato destro (uscendo) attaccati alle trappole per i pesci c’è fondale sufficiente.

Con un po’ di trepidazione seguiamo le sue istruzioni e passiamo senza problemi, anche se con l’acqua trasparente sembrava di avere i coralli attaccati alla chiglia. Nel centro della passe la corrente fa ribollire l’acqua, ma il nostro motore se la cava egregiamente e in cinque minuti siamo fuori. Addio Manihi!

Ci aspettano circa 50 miglia e una notte alla cappa (fermi in mezzo al mare con le vele disposte in modo da non avanzare ma da rendere l’attesa il più confortevole possibile) ad aspettare la luce del giorno. La navigazione è tranquilla e alle 22 sul radar vediamo i motu di Apataki a cinque miglia dalla nostra posizione. Ci mettiamo alla cappa e con il radar acceso con l’allarme inserito a turni dormicchiamo nell’attesa dell’alba.

La corrente è forte e ogni tanto facciamo una mezz’ora di bolina per riguadagnare il terreno perduto. Entrambi siamo stranamente stanchissimi ed incominciamo ad accusare dei dolori alle ossa, brividi di freddo, formicolio alle mani, così non riusciamo a tenere turni più lunghi di un ora.

Alle 5.30 con le prime luci del giorno avvistiamo Apataki. Stiamo male ma lo spettacolo e il dolce tepore della luce del sole ci risolleva un po’ il morale. Ci avviciniamo lentamente alla passe e alle sette, nonostante i nostri calcoli (che evidentemente non funzionano) la corrente è contraria e forte, quattro nodi, ma impazienti decidiamo di entrare lo stesso.

La passe è larga e profonda, così lentamente, ma senza problemi entriamo all’interno dell’atollo che si presenta in tutta la sua selvaggia bellezza. Non si vede anima viva solo stormi di uccelli e branchi di pesci che nuotano nell’acqua limpidissima. Ci ancoriamo davanti ad un motu che si chiama Rotoava protetti da un reef che dalla spiaggia bianca si protende verso il centro della laguna.

Lasciamo tutto come sta e ce ne andiamo a riposare con i forti dolori alle ossa.

Lunedì

Dopo la notte passata quasi in bianco, Annalisa incomincia a sfogliare i libri di pronto soccorso e subito capiamo il nostro problema: ci siamo presi la ciguatera!

I sintomi li abbiamo quasi tutti: dolori alle articolazioni, prurito intorno alla bocca, ipersensibilità della pelle, debolezza e se tocchiamo l’acqua le nostre mani reagiscono come se fossimo punti da centinaia di spilli. La ciguatera è un’’intossicazione che si prende mangiando i pesci che si nutrono di alghe che crescono sui coralli o mangiando i pesci predatori di quelli che mangiano le alghe.

La tossina viene accumulata dai pesci e chiaramente i predatori sono molto più soggetti. La ciguatera, o come chiamata qui “lagratte”, in forma grave provoca anche vomito, attacchi al sistema nervoso(per alcuni mesi si hanno i sensi di caldo e freddo invertiti) e in casi rarissimi, specialmente su persone deboli o malate, anche la morte.

Noi l’abbiamo presa mangiando le cernie, che sono dei voracissimi predatori, a Manihi. Probabilmente, visto i lievi sintomi, nel nostro caso si è trattato di un’’accumulazione di tossina, piuttosto che nella singola ingestione di un pesce avvelenato. In effetti, forse abbiamo esagerato un po’ dato che abbiamo mangiato cernia quasi tutti i giorni nell’ultima settimana!

Per la ciguatera non esistono farmaci che allevino i sintomi, quindi come consigliano i libri, l’unica cosa da fare è prendersela calma, riposarsi e non mangiare assolutamente pesce, poiché una ricaduta prende sicuramente in forma più accentuata.

Passiamo tutto il giorno trascinandoci dalla cuccetta al pozzetto e viceversa. Per fortuna il tempo è bello ed il posto è fantastico e almeno questo ci allieva le nostre pene. Per cena scopriamo un ulteriore effetto della ciguatera.

Per sollevarci un po’ i morale ci beviamo un bicchiere di vino, che immediatamente scatena una violenta reazione di prurito alla bocca.
Al calare della notte non si vede una sola luce che indichi la presenza umana, e la cosa ci fa’ un certo effetto.

Martedì

Dormiamo malissimo sia a causa del prurito e dei dolorini vari, che a causa del rollio dovuto al forte vento da sud est.

Scendiamo a terra con una missione: bruciare l’immondizia non biologica. La nostra “politica di smaltimento dei rifiuti” è la seguente: quelli biologici li buttiamo in mare, le lattine e le bottiglie le affondiamo in mare aperto, mentre la plastica la bruciamo.

Espletati i doveri ecologici ci facciamo una passeggiata sulla spiaggia alla ricerca di qualche cocco verde da bere. Troviamo una palma piena di cocchi verdi, solo che per prenderli ci dobbiamo improvvisare equilibristi con Annalisa che montata sulle spalle di Lorenzo, incurante di formiche e zanzare gira i cocchi intorno al loro picciolo fino a che uno per volta si staccano.

Vorremmo andare ad esplorare la costa dalla parte dell’oceano, ma siccome la vegetazione è molto fitta, il terrore di imbattersi nelle feroci bestie che popolano questo paradiso (le zanzare e i nonu, che sono dei microscopici moschini che provocano dei grossi “bubboni”) ci fa’ desistere e ce ne torniamo in barca. Ci spostiamo andandoci ad ancorare più vicini alla spiaggia ed al reef, in modo da essere più riparati dalle onde e potere dormire meglio.

Mercoledì

“Lorenzo svegliati che il vento è girato a nord ovest e rischiamo di andare a sbatteresui coralli!”.

Il vento è debole e senza problemi riusciamo a spostarci ed a riancorarci a distanza di sicurezza. Dato che il fondale è pieno di teste di corallo sperimentiamo un sistema per non fare arrotolare la catena dell’ancora intorno alle teste.

Lorenzo si immerge e con un parabordo legato all’ancorotto del gommone segnala la posizione di un posto sufficientemente libero da rocce in cui gettare l’ancora. Poi una volta ancorati si attacca con un moschettone un altro parabordo alla catena in modo da tenerla sollevata quando non è in tensione.

Giovedì

Giornata uggiosa.

Non c’è vento ed il cielo è coperto. Sostituiamo al guarnizione del gavone e facciamo qualche altro piccolo lavoretto. Lentamente la ciguatera ci sta passando, anche se la sensazione di avere degli spilli nelle mani quando tocchiamo l’acqua ci è rimasta.

Venerdì

Condizioni meteo come ieri, cielo coperto con calma di vento.

Nel pomeriggio il tempo migliora e andiamo a fare una passeggiata sul motu. Camminiamo sulla spiaggia composta da pezzi di corallo e conchiglie sbiancate dal sole e dal sale, e sprofondiamo fino alla caviglia. Non c’è sabbia.

L’acqua è limpidissima e data la mancanza di vento la laguna è liscia come l’olio e si vedono dei grossi pesci pappagallo che mangiano “beccando” le alghe sulle testa di corallo e dei piccoli squaletti che nuotano vicino alla riva.

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Dall’altro lato tra la fittissima vegetazione si intravedono degli acquitrini pieni di grossi granchi, comunque allunghiamo il passo perché qui le zanzare non perdonano. Giungiamo alla fine del motu, dove un hoa (un fiumicello) lo divide dal motu successivo. Verso l’oceano c’è un’’enorme distesa di grossi blocchi di corallo, scagliati dalle burrasche, e l’unica traccia di vita sono gli uccelli (aironi e sterne bianche) ed i grossi paguri bernardi.

Vicino alle onde dell’oceano ci sono delle pozze d’acqua popolate da un’ infinità di larve di pesci e da tante piccole murene, che anche se piccole sono comunque pericolose, quindi stiamo bene attenti a dove mettiamo i piedi.

Torniamo in barca distrutti. La ciguatera ci ha lasciato una spossatezza profonda. Per cena, dato che non possiamo mangiare il pesce, ci facciamo i ravioli con la ricotta (fatta in barca con il latte in polvere) e gli spinaci in scatola!

Sabato

Il vento è tornato a soffiare da est, il cielo è azzurro ed il sole caldo come al solito.

Facciamo un giro di esplorazione subacquea sul reef che ci sta davanti, e anche se l’acqua è calda come al solito (28°) ci mettiamo la muta per contrastare gli ultimi effetti della ciguatera. Lo spettacolo è da lasciare senza parole!

I coralli sono di decine di varietà e tutte coloratissime. I pesci non hanno alcun timore, forse sanno che non possiamo mangiarli, e si lasciano avvicinare senza scappare. Vediamo alcune varietà di pesci che non avevamo mai visto ed altre con colorazioni differenti rispetto a quelli da noi conosciuti. Ci sono i pesci pappagallo di tutti i colori (verdi, marroni, azzurri, bianchi, ecc…), i pesci angelo, dei pesci rossi con dei grossi occhi, dei pesci gialli con gli occhi cerchiati di blu, i pesci picasso (troppo difficile da descrivere, bisogna vederli, sembrano dei quadri!), i pesci chirurgo ed ancora tante altre specie di cui noi non sappiamo il nome.

Chiaramente non mancano gli squali che ci fanno un giro intorno, poi dato che non stiamo pescando e che forse siamo delle prede un po’ troppo grosse, se ne vanno in cerca di qualcos’altro da azzannare. Usciamo dall’acqua battendo i denti e per scaldarci ci stendiamo al sole godendoci la pace di questo splendida spiaggia.