Singapore e risalita dello Stretto di Malacca

Settimana 130

dal 21/11/99 al 27/11/99

Domenica

Giornata dedicata a sistemare la barca e alla manutenzione del motore. Il lussuosissimo marina è fuori dal mondo e il negozio del marina vende solo liquori e patatine.

Ci facciamo la pizza.

Lunedì

Abbiamo deciso che non andremo a Singapore in barca perché i marina sono carissimi e le autorità non permettono che ci si ancori.

Ci andiamo con l’aliscafo. Abbiamo due cose importanti da sbrigare: trovare alcuni parti di ricambio per il motore e portare la telecamera al centro assistenza Panasonic, dato che ogni tanto “da i numeri”.

Ci mettiamo 2 ore a trovare il centro assistenza Volvo, che si trova dall’altra parte della città rispetto a dove siamo arrivati con l’aliscafo. Troviamo, a carissimo prezzo come al solito, quasi tutto quello che cerchiamo. Alla Panasonic invece concludiamo ben poco. Vogliono 120 $ solo per esaminarla e comunque sono necessari almeno 2 o 3 giorni che noi non abbiamo. Passiamo le restanti 2 ore prima della partenza dell’aliscafo a fare acquisti nei centri commerciali del centro.

Eravamo già stati a Singapore circa dieci anni fa, ma l’abbiamo trovata molto cambiata, in peggio. Sono praticamente spariti i quartieri cinese e indiano e al loro posto una selva di grattacieli di vetro e acciaio. Tutto è estremamente efficiente e funzionale, ma anche terribilmente freddo. Un giorno di visita per noi è più che sufficiente, e siamo contenti della nostra scelta di fermarci a Batam.

A causa di un grosso temporale e del caos al traffico susseguente arriviamo al terminal solo 10 minuti prima della partenza dell’aliscafo, ma il check in è già chiuso e nonostante le nostre accorate preghiere non ci fanno passare.

Così ci tocca tornare in città e prendere un altro aliscafo che parte alle 20 e arriva in porto distante 40 chilometri dal marina in cui abbiamo la barca. Come in tutte le città che si rispettino, anche a Singapore durante le ore di punta ci sono gli ingorghi. Noi ci finiamo in mezzo e ci mettiamo 2 ore per arrivare all’altro ferry terminal. Prendiamo l’aliscafo al volo. Arriviamo in barca alle 22 distrutti.

Martedì

Montiamo i pezzi del motore che abbiamo comprato ieri, poi c’è da fare il bucato ed il pieno di gasolio. La giornata ci scorre tra le dita senza neanche accorgersene. Nel pomeriggio arriva Hoptoad. Poveretti, hanno avuto un problema al motore e ci hanno messo 3 giorni in più di noi. Ci concediamo insieme a Sonny e Margy un’ottima cena indonesiana nel ristorante chic del marina.

Mercoledì

Lasciamo Batam alle 8, in tempo per prendere la corrente favorevole per uscire dallo stretto di Singapore e imboccare lo stretto di Malacca.

Questo stretto è, dopo il canale della Manica, il punto di maggior traffico marittimo ed è una cosa veramente impressionante. Ci sentiamo molto piccoli e navighiamo sul margine sud della corsia delle navi, fino a che non vediamo uno spiraglio e, subito dopo una super petroliera, attraversiamo. Vista da vicino è enorme, e la cosa incredibile è che scivola nell’acqua senza neanche fare l’onda.

Imbocchiamo lo stretto di Malacca restando comunque fuori dalla corsia delle navi.

Alle 15, puntuale come annunciato dalla nostra guida arriva il temporale. Facciamo appena in tempo a prendere 3 mani a issare la trinchetta e a staccare l’antenna della radio e tutti gli impianti elettrici prima che si scateni l’inferno.

Per un’ora abbiamo un vento da 35 a 40 nodi con i fulmini che ci cadono vicinissimi. Il rischio di essere colpiti è alto (abbiamo notizia di una decina di barche che sono state investite da un fulmine in questa zona) ed i danni inferti agli strumenti elettronici di solito sono irrimediabili.

Passato il temporale potremmo fermarci, i fondali sono bassi e basta avvicinarsi a terra dalla parte malese e ancorare, ma siamo stanchi di piogge e groppi e preferiamo continuare per lasciarci alle spalle la turbolenta fascia equatoriale.

Questa zona è anche famosa per essere sempre stata infestata dai pirati. Noi siamo abbastanza tranquilli. Negli ultimi anni non ci sono stati attacchi a piccole barche e sembra che ora si siano specializzati nell’assalto alle navi.

I pirati sono indonesiani e arrivano da Sumatra con motoscafi velocissimi e hanno la fama di essere estremamente violenti. Attaccano di notte, seguono la nave a luci spente, poi armati fino ai denti con i rampini la abbordano e razziano la cassa di bordo e se ne vanno. Se qualcuno oppone resistenza lo eliminano senza problemi.

Comunque da quando le compagnie di assicurazione hanno aumentato enormemente i premi per le navi che passano da queste parti, minacciando il commercio e l’economia di Singapore e Malesia, queste due nazioni si sono messe seriamente a combattere il fenomeno. Ora le vedette che pattugliano l’area sono decine, e si vede che sono armate ed in assetto di guerra.

Inoltre le navi si sono organizzate. Si mantengono in costante contatto radio con il centro anti-pirateria della Malesia, che in caso di attacco è in grado di fare arrivare un elicottero in pochi minuti. L’altra misura contro i pirati è veramente spettacolare. Quando cala la sera le navi accendono tutte le luci ed i riflettori e poi con potentissimi idranti, spazzano il mare nelle vicinanze. Viste a una certa distanza sembrano delle enormi fontane animate semovibili.

Giovedì

La nottata in mezzo alle navi non è andata poi male. L’allarme del radar suonava in continuazione e così non è stato di aiuto per poter dormicchiare.
Però le navi, a causa dei pirati, sono attentissime e alcune volte quando ci trovavamo in rotta di collisione, hanno manovrato loro con largo anticipo e ci sono sempre passate ad una certa distanza.

Le reti dei pescatori, che qui sono fittissime, non sono state un problema, quando abbiamo visto una petroliera passarci in mezzo senza che la rete subisse alcun danno. Evidentemente la rete si va a depositare sul fondo e le boette servono solo per tenerla verticale. Passiamo sopra a decine di reti e dopo le prime non ci facciamo neanche più caso. Tutto questo sotto una bellissima luna piena.

Giornata calda e soleggiata. Alterniamo tratti a vela a tratti a motore e finalmente abbiamo un po’ di corrente favorevole.

Venerdì

E’ uno sfinimento. Su e giù le vele. Diamo motore, poi si avvicina un groppo e andiamo vela. Quindi rinforza, riduciamo e dopo mezz’ora di “burrasca” il vento svanisce e riaccendiamo il motore.

Ci siamo allontanati dalla corsia delle navi, però era quasi meglio prima. Ora il traffico dei pescherecci è fittissimo e siccome sono curiosi ci passano sempre vicini e ci tagliano la strada. Siamo stanchi e domani ci fermiamo a riposare all’isola di Pangkor.

Sabato

Questa notte Annalisa durante il suo turno si è distratta (leggi addormentata) e si è risvegliata per l’abbaiare di un cane. Un grosso peschereccio ci ha tagliato la strada e ora è a solo 10 metri dalla nostra prua.
Da queste parti, dare un occhiata ogni quarto d’ora e poi fare un pisolino nel mezzo non funziona!

Alle 5 finalmente buttiamo l’ancora nel primo posto che troviamo all’interno della baia a sud dell’isola e distrutti ce ne andiamo a dormire.

Ci svegliamo alle 10 e come due zombie ci guardiamo intorno, curiosi di sapere dove ci siamo ancorati. Fuori c’è un sole caldissimo e non un filo di vento. L’isola è ricoperta da una folta vegetazione tropicale, l’acqua della baia è torbida e sul lato ovest ci sono un paio di resort con centinaia di bungalow.
Passiamo la giornata in coma tra un sonnellino in pozzetto ed uno in cuccetta.