Le motivazioni del nostro viaggio…
“Adesso non so ricostruire la catena di associazioni che mi porta a collegare la conquista della libertà di Coyotito con il walkabout degli aborigeni australiani, ne tantomeno, dove udii per la prima volta il termine walkabout. Comunque mi feci una mia immagine di quei docili indigeni che un giorno lavoravano beati in un allevamento di bestiame e l’indomani, senza alcun preavviso e senza una ragione se la svignavano e svanivano nel nulla. Si toglievano gli abiti e partivano, stavano via settimane, mesi e addirittura anni; attraversavano a piedi mezzo continente, magari solo per incontrare qualcuno, poi, come se niente fosse, tornavano indietro.”
Bruce Chatwin, Le vie dei canti.
Il walkabout è un viaggio, che ogni aborigeno australiano fa almeno una volta nella vita. Si compie a piedi, nell’outback australiano, seguendo come uniche indicazioni le istruzioni contenute nei canti che gli sono stati insegnati dagli anziani durante l’iniziazione.
I canti, descrivendo il paesaggio, i luoghi sacri del proprio clan, il modo di trovare l’acqua ed il cibo gli permettono di attraversare il deserto senza l’ausilio di carte o bussole. Questa pittura aborigena rappresenta un walkabout.
L’idea ci è piaciuta ed abbiamo deciso di chiamare la nostra barca walkabout e di ispirare il nostro viaggio a quelli degli aborigeni australiani.
Quali sono le motivazioni che ci hanno spinto ad “imbarcarci” in questa avventura?
- Vogliamo vedere il mondo. Per fare questo la barca è il mezzo ideale, in quanto imponendo dei ritmi molto lenti, permette di entrare in contatto in modo non superficiale con la gente delle zone visitate.
- Dimostrare di poter vivere in modo autosufficiente.
- Riallacciare i contatti (oramai persi) con la natura.
- Staccarci per qualche tempo dal modo di vivere e dai ritmi della civiltà occidentale.
Il sogno di fare questo viaggio era latente, infatti ci è sempre piaciuto il mare e la libertà, ma abbiamo sempre visto i navigatori oceanici come dei super uomini (alla Fogar) che affrontavano gli oceani tempestosi.
La svolta è avvenuta a Tikehau (uno sperduto atollo delle Tuamotu in Polinesia francese) durante un giro del mondo fatto in aereo con zaino e tenda. Una mattina uscendo dalla nostra tenda, ci siamo accorti che nella laguna c’era ormeggiata una splendida barca a vela. Sulla barca c’era una coppia di americani che stavano facendo il giro del mondo. Essendo gli unici non indigeni sull’isola abbiamo fatto subito amicizia, e abbiamo incominciato a subissarli di domande sulla navigazione oceanica, la barca, le vele, la radio, etc…
Ci siamo resi conto che per fare i navigatori non è necessario essere dei superuomini, che la navigazione (ai tropici) non è poi così dura, che ce la potevamo fare anche noi e che la vita in barca è una esperienza che non dovevamo perdere.