Settimana 28 dal 7/12/97 al 13/12/97
Isole di Capo Verde e partenza per i Caraibi
Domenica
Questa notte un pesce volante ha deciso di suicidarsi contro la nostra capottina, al mattino lo ritroviamo morto stecchito e siccome è solo, lo buttiamo.
Puntiamo verso Praia, così riusciamo ad arrivare con la luce del giorno. Per ingannare l’attesa dell’arrivo buttiamo la lenza e dopo poco un bel dorado di 60 cm si offre per la cena. Arriviamo in porto alle 15,30 ed il posto è piuttosto squallido e si rolla. Ritroviamo Hiva Oa, una barca francese che avevamo incontrato alle Canarie.
Ci cuociamo il nostro dorado al forno e poi ce ne andiamo a dormire esausti.
Lunedì
Scendiamo a terra per fare le pratiche di ingresso, poi con un ragazzino che ci fa da guida andiamo a fare un giro in città.
Praia è la capitale di Capo Verde e in confronto a Banjul, sembra una città svizzera: pulita e ordinata anche se un po’ in decadenza. Al mercato ci compriamo due aragostine per 5 dollari e la sera festeggiamo la guarigione con un bel piatto di spaghetti all’aragosta.
Martedì
Dormiamo poco e male a causa della risacca, così decidiamo di fare le pratiche di uscita e andarcene in qualche baia protetta.
A causa dell’arrivo di una nave da crociera tedesca, l’ufficiale dell’immigrazione non c’è, così perdiamo tutta la mattina per aspettarlo.
E’ tardi per arrivare a Tarrajal, che si trova nel nord dell’isola, cosi speriamo di poter fermarci a Città Veja.
Niente da fare, nell’ancoraggio ci sono i cavalloni che frangono, quindi facciamo una foto alla città vecchia che si sviluppa all’interno di un Canyon con un bel castello che la domina e poi decidiamo di andare a Ribeira de Barca.
Lacosta è alta e rocciosa ed è veramente spettacolare con dei colori fantastici.
Peccato che non ci siano ancoraggi per fermarci. Anche a Ribeira de Barca l’ancoraggio è esposto, sono le 18 e non ci resta altro che passare la notte in mare: andiamo all’isola di Brava che dista circa 50 miglia.
Mercoledì
Navighiamo troppo veloci con il vento in poppa, e ci tocca rallentare per non arrivare di notte. All’alba siamo davanti all’isola che si mostra piuttosto bella, anche se brulla e rocciosa. In una baietta sorge un piccolo paese di pescatori e l’ancoraggio è ben ridossato.
Ci ancoriamo tra due barche francesi legando una cima a terra aiutati da un simpatico pescatore. Una delle due barche francesi, è Hiva Oa, la stessa che abbiamo incontrata alle Canarie e a Praia, sono una giovane coppia con un paffuto bambino biondo di 2 anni che si muove per la barca da provetto marinaio. Sono bretoni ed il bambino fin dalla nascita ha sempre vissuto in barca.
La sera scendiamo in paese perché ci hanno detto che il gruppo musicale locale suonerà per noi, ma poi il chitarrista non si presenta e quindi non se ne fa niente.
Giovedì
Iniziano i preparativi per la traversata atlantica: bidone della sopravvivenza, aggiustiamo la randa che aveva le stecche troppo lunghe, controlliamo il motore, ecc..
Non stiamo molto bene, e probabilmente è dovuto alla pillola antimalarica che dobbiamo continuare a prendere per 4 settimane dall’uscita dal Gambia.
Nel pomeriggio un pescatore ci offre le aragoste a 5 $ al chilo, ne prendiamo una da due chili, per fare degnamente l’ultima cena prima della partenza.
Facciamo un giro in paese ed il pescatore che ci ha venduto l’aragosta ci invita a visitare la sua casa, una “villettina” sulla collina con una splendi vista sulla baia. Appena entrati in casa accende subito con molto orgoglio la televisione e la sintonizza su MTV a tutto volume.
Purtroppo noi non parliamo portoghese, lui non parla altro oltre al creolo, che è una specie di misto tra portoghese, francese e africano, quindi la conversazione si arena quasi subito. Torniamo in barca e ci facciamo una scorpacciata di aragosta, che è più buona di quella acquistata a Praia.
Venerdì
Oggi si parte per la traversata. Dobbiamo fare rifornimento d’acqua, comprare il pane e poi si va’. Una folla di bambini ci aiuta a trasportare le tanichette dell’acqua e arrivati al pontile gli offriamo delle marmellatine che gradiscono molto.
Alle 14 emozionati e nervosi leviamo l’ancora e lasciamo l’isola. Anche i francesi partono, sono anche loro emozionati e dopo averci augurato buona fortuna a vicenda, e rimaniamo d’accordo di sentirci ogni giorno sul VHF. Loro hanno una barca di 15 metri quindi li vediamo sparire all’orizzonte nel tramonto. Il vento è moderato e facciamo 5 nodi molto confortevoli.
Sabato
La prima notte è sempre la più dura, c’è un po’ di tensione, ci si deve abituare ai turni notturni e di solito si dorme ben poco. Comunque tutto è tranquillo e c’è la luna piena che ci illumina il cammino. C’è poco vento e per radio sentiamo le altre barche che sono quasi arrivate vanno a motore e si lamentano. Abbiamo 4 appuntamenti radio giornalieri, due con le barche italiane e due con quelle australiane e neozelandesi, è piacevole e ci fa sentire meno soli.