Le splendide Isole San Blas

dal 05/04/98 al 11/04/98

Settimana 45

Domenica

Questa notte siamo andati pianissimo, a 2-3 nodi. Appena fa luce accendiamo il motore, mancano 15 miglia, il mare è liscio come l’olio e sembra pieno di pesci. L’atterraggio tra i reef, sopratutto dopo parecchi giorni di navigazione ci rende sempre un po’ agitati. 

Inoltre le carte che abbiamo sono molto vecchie e, da quanto ci hanno detto, non sono molto affidabili. Non ci resta che tenere gli occhi ben aperti e navigare a “naso”.
Molto lentamente, così se andiamo a scogli non ci facciamo male, troviamo la strada per l’ancoraggio.
E’ splendido! Siamo davanti ad un isoletta piena di palme altissime, l’acqua è trasparente con il fondale bianco e alle nostre spalle c’è un’altra isoletta in cui si intravedono delle capanne. C’è una pace incredibile. L’unico rumore proviene dalle onde che si rompono sulla barriera corallina esterna e dal cinguettio degli uccelli.

Rimaniamo senza parole ad ammirare questo paradiso, quando vicino alla prua vediamo una macchia scura. E’ una grossa tartaruga che ci è venuta a dare il benvenuto; alza la testa dall’acqua, ci guarda e poi se ne va’.
Nella tarda mattinata vediamo avvicinarsi una piccola canoa con la vela. E’ Victor, il capo villaggio che ci da’ il benvenuto, ci offre della frutta e ci chiede di pagare il soggiorno, 5$ per un mese. E’ molto gentile e ci invita a visitare il villaggio dopo che ci saremo riposati.

Le Isole San Blas sono abitate dai Kuna, una popolazione indigena che è riuscita a mantenere la propria indipendenza durante la colonizzazione spagnola. Sono di bassa statura, con carnagione abbronzata e capelli lisci e scuri; assomigliano ai tipici Indios dell’Amazzonia. Ancora adesso vivono di pesca e vendendo alle barche di passaggio le molas. Le molas sono dei manufatti di stoffa colorata che le donne Kuna cuciono con immensa pazienza.

Lunedì

Anche questa mattina la tartaruga è ricomparsa,probabilmente siamo sul suo territorio di pesca. Andiamo in esplorazione.L’acqua è calda, 32°C, e trasparente. Con il gommone facciamo il giro intornoall’isola e sotto di noi scorgiamo tantissimi pesci. Quando intravediamo unagrossa razza non resistiamo, ci buttiamo e la seguiamo sott’acqua con lamaschera. E’ molto elegante e sembra volare nell’acqua. Quando si accorge dinoi si ferma e cerca di mimetizzarsi nella sabbia del fondo. La razza puòessere molto pericolosa, infatti nella coda ha un uncino osseo che è velenoso.Però è molto timida e di fatto è pericolosa solo se inavvertitamente la sipesta.

Tornando in barca ci fermiamo a salutare Maggy e Rag di Warraway e ci accordiamo con Maggy per andare a visitare il villaggio.
Appena sbarchiamo vicino al villaggio ci viene incontro una ragazza con un bambino in braccio che a segni ci fa capire di seguirla. Ci porta in una capanna dove nel frattempo si sono radunate le altre donne e iniziano a mettere in mostra le famose molas. Sono tutte molto belle, Annalisa non resiste e ne compra una per 15$. Intanto arriva anche Victor, il capo villaggio, che fa gli onori di casa e ci riempie di frutta.

Si vede che non sono stati colonizzati, ancora oggi pochi parlano lo spagnolo, ma sono molto orgogliosi della loro indipendenza. Scambiamo quattro chiacchiere in una lingua simile allo spagnolo. Gli uomini sono pescatori così con loro parliamo soprattutto di pesci e di come fare a catturarli, mentre le donne sono curiose di sapere se siamo sposati e se abbiamo dei bambini.

Al tramonto ci salutiamo e ci invitano a ritornare domani pomeriggio così potremo assaggiare la “ciccia”, una bevanda a base di banana fermentata e latte di cocco.

Martedì

Alle 17 puntuali andiamo dai nostri amici al villaggio curiosi di assaggiare la “ciccia”. Il drink è buono, anche se molto dolce. Oggi Victor ci spiega come fanno a catturare le aragoste. Hanno un bastone con un filo di ferro che fa il cappio, in questo modo riescono a catturarle vive.

Una volta alla settimana passa un piccolo aeroplano, che atterra nell’isola vicino che raccoglie le povere bestiole in un vasca e le va a vendere a Panama.
I polipi invece li prendono così: si immergono con una siringa piena di candeggina, e gliela spruzzano prima di arpionarlo. Sembra che a contatto conla candeggina il polipo si paralizzi e diventi una facile preda. Scopriamo inoltre che la famiglia che è attualmente al villaggio, non abita qui, ma sono dell’isola di Tigre dove c’è un grande villaggio.

Qui vengono per pescare e raccogliere le noci di cocco. Siccome le famiglie proprietarie delle isole si sono ingrandite, ora ogni “sottofamiglia”può usufruire dell’isola solo tre o quattro volte all’anno. Purtroppo, visto che è la pesca delle aragoste è loro unica fonte di denaro, stanno prendendone troppe, e ci confessano che fanno sempre più fatica a trovarne altre.

Mercoledì

Quando il sole è abbastanza alto cambiamo isola e ci ancoriamo a Poyadas Island. Qui il fondale è molto bello ed è pieno di pesci e di corallie  sembra di nuotare sopra un giardino multicolore. C’è anche uno squalo, che se ne sta’ appoggiato sul fondo e ci guarda senza muoversi. Sicuramente il più bel fondale che abbiamo visto dalla nostra partenza.

Siccome abbiamo la necessità di telefonare a casa e sembra che all’isola diTigre ce ne sia uno, ci andiamo. Mentre percorriamo le poche miglia che dividono le due isole il cielo si copre e all’arrivo è completamente grigio. Come sospettavamo la carta che abbiamo è troppo vecchia per essere affidabile, ne abbiamo conferma quando entrando nell’ancoraggio dietro a Tigre, ci infiliamo in un reef non più profondo di 50 cm e che sulla carta non è presente.

Essendoci poi il cielo coperto, lo abbiamo visto solo quando ci eravamo già sopra. Passiamo cinque brutti minuti cercando di venirne fuori a marcia indietro, e ci si gela il sangue ogni volta che sentiamo il corallo raschiare contro lo scafo. Comunque, dato che la nostra barca è in acciaio, ce la caviamo con qualche sbucciatura alla vernice e niente più.

Il villaggio è composto da due strade parallele su cui si affacciano le capanne. Sono molto fitte, un’a attaccata all’altra, e hanno abbattuto tutte le palme da cocco. Una delle due strade alla fine dell’isola si allarga e diventa l’’aeroporto. Nella piazzetta centrale sotto un albero di banane c’è la cabina telefonica e con nostra sorpresa scopriamo che il telefono è avvolto in un panno di lana.

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Ci accoglie il “guardiano del telefono”, che molto orgogliosamente ci spiega come telefonare e ci dice che per ogni telefonata dobbiamo pagare un obolo (20 centesimi di dollaro) per il mantenimento del telefono. Subito intorno alla cabina si raccoglie una piccola folla che ascolta Annalisa parlare una lingua strana.

Giovedì

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Oggi è giorno di scambi. Armati di una borsa piena di magliette, bigiotteria,  profumi e rossetti vari ci rechiamo al villaggio. Non appena sbarchiamo le donne si affacciano dalle loro capanne con le loro preziose molas in mano.

Loro vorrebbero venderle, ma noi diciamo loro che non abbiamo la plata, i soldi, e che vogliamo fare degli scambi.

Di solito le donne sono curiose e ci chiedono di vedere la merce. Poi succede
che si innamorano di qualche cosa e accettano lo scambio, magari con qualche molas usata o più piccola.

Lo scambio è divertente per entrambi e permette di entrare in contatto con loro senza essere visti come dei “portafogli ambulanti”.

Qualcuna ci invita ad entrare nella propria capanna. Sono abbastanza grandi, con poca luce , forse per tenere fuori il caldo o le mosche, dalle travi pendono le amache. Gli abiti sono appesi a dei fili e in un angolo c’è un fornello a gas. A mezzogiorno, con il sole a picco sul collo , ci riteniamo soddisfatti e con una borsa piena di molas ce ne torniamo a casa.

Ci spostiamo a Coco Bandera, che si trova ad una decina di miglia da Tigre. Purtroppo il tempo è brutto e non rende giustizia agli splendidi posti.

Venerdì

Dopo qualche lavoretto, ce ne andiamo a fare una nuotata. Ad un certo punto Annalisa urla:

“Lorenzo, c’è un pesce che mi segue e mi da dei morsetti nella pancia”. E’ un pescetto giallo e ostinato e nonostante gli sforzi di Annalisa non se ne va’. Solo quando si avvicina Lorenzo il pesce decide di puntare ad una preda più grossa. Quando saliamo sulla scaletta della barca, rimane sconsolato a guardarci. Chissà se domani ce lo ritroviamo qui!

Sabato

Ritorniamo a Hollandes Cay, ma in un altro ancoraggio, e domani andremo a Portobello. Ormai il tempo si è guastato e preferiamo non farci cogliere dalla stagione delle piogge tra questi reef.