Settimana 138
dal 16/01/00 al 22/01/00
Domenica
Passiamo la giornata con Miki e Massimiliano. La mattina li invitiamo in barca poi ci fanno loro da guide. Andiamo a vedere un tempio dove i pescatori fanno le loro offerte per auspicarsi una buona pesca. Il tempio è famoso per la presenza di decine di falli in legno intagliati e offerti dai pescatori.
Quindi ci portano a vedere una spettacolare formazione rocciosa alla fine della spiaggia. Rimaniamo a bocca aperta, la montagna a picco sul mare è formata da centinaia di stalattiti. Peccato che la spiaggia sia piena di gente. Ci arrampichiamo su per un sentiero, la vista è veramente notevole. Restiamo tutto il pomeriggio ad arrostirci in spiaggia.
Al tramonto un signore svizzero, che si è trasferito qui, tira fuori il suo corno e inizia a suonare. Le montagne creano una acustica perfetta e la suggestiva melodia suggella la discesa del sole nel mare.
La sera andiamo tutti insieme, affittando una velocissima long tail, nella spiaggia successiva in cui c’è un ristorante italiano che ci hanno consigliato. Di solito cerchiamo di evitare i ristoranti italiani all’estero, ma questo è di un riminese e siamo curiosi di conoscerlo. Ravioli o pizza? Nell’indecisione li prendiamo entrambi. Ottima cena!
Lunedì
Ci sarebbe da andare a vedere un hong, ma c’è da fare una arrampicata di un ora e bisogna andare con l’alta marea. Insomma ci portiamo dietro anche le scarpe, ma poi la pigrizia prende il sopravvento e campando varie scuse ci rinunciamo.
Restiamo a Re Lai fino alle 16 quando salutiamo Miki e Massimiliano, che partono e anche noi ci spostiamo alla spiaggia successiva che si chiama Ao Nang. Il posto è piuttosto turistico e non particolarmente interessante.
Martedì
Il cielo è velato e non c’è un filo di vento. Percorriamo a motore le 10 miglia che ci separano da Ko Hong, passando sotto la casa di vacanze del re della Tailandia. Ci stiamo inoltrando all’interno della baia di Pang Nga e il paesaggio incomincia a diventare come le cartoline che abbiamo visto a Phuket.
Il mare, che qui è profondo pochi metri, è cosparso a perdita d’occhio di faraglioni di roccia dolomitica. Questa grande baia è diventata famosa per aver ospitato le riprese del film di James Bond “Un uomo dalla pistola d’oro“, in cui c’è un inseguimento tra un elicottero e un motoscafo tra i faraglioni.
Ko Hong, chiamata anche Paradise Island, è una piccola isola, il cui centro è occupato da un grande hong. Quando arriviamo, intorno a mezzogiorno, ci sono almeno una decine tra long tails e barche da crociera, così decidiamo di andare a visitare l’hong poco prima del tramonto per essere sicuri di essere soli e di avere l’alta marea, altrimenti non c’è profondità sufficiente per entrarci con il gommone. In attesa ci andiamo a pescare la cena.
L’ingresso è aperto e lo spettacolo all’interno, è come al solito, da lasciare senza fiato. Il basso fondale sabbioso è cosparso di stelle marine. Siamo soli e l’unico rumore sono i richiami degli uccelli e lo stridere delle cicale.
Si potrebbe stare delle ore a girare con la testa per aria ammirando lo rocce e gli alberi che ci sovrastano. Data la forma circolare dell’hong le foto non rendono e bisognerebbe essere degli ispirati scrittori per descrivere adeguatamente lo spettacolo offerto.
Mercoledì
Ci muoviamo subito appena alzati.
Facciamo colazione mentre percorriamo, neanche a dirlo a motore, le 10 miglia che ci separano da Ko Roi,dove si trova un un altro hong, ma che ha la fortuna di essere fuori dal giro delle barche da crociera e così non c’è nessun turista.
Solo alcuni pescatori, sulle loro long tails legate ai rami sporgenti. Sono tutte coppie e all’ombra si fanno la pennichella, nell’attesa di andare a recuperare le reti.
Con il gommone andiamo alla ricerca dell’hong. La nostra guida afferma che si trova a sud dell’isola. Non lo troviamo e dato che l’isola è piccola ci giriamo intorno nel caso che sulla guida si siano sbagliati.
Niente, non lo troviamo. Andiamo a dare un’occhiata sulla spiaggia davanti alla quale siamo ancorati. A lato della spiaggia cè una piccola grotta dentro la quale s’intravede della vegetazione.
Entriamo.
Che spettacolo! Un anfiteatro di rocce altissime, quasi non si vede il cielo, racchiude uno splendido giardino tropicale. C’è un fiumiciattolo tra la sabbia e le mangrovie, è l’acqua della marea che sta defluendo. Anche qui il solito concerto di sottofondo. Non abbiamo parole!
Nel pomeriggio ci spostiamo verso l’isola Ko Phing Kan, nota come Isola di James Bond. Il fondale è sempre più basso e giunti davanti all’isola ci andiamo anche ad insabbiare in un banco non segnalato sulla nostra carta.
Fortunatamente andavamo piano e per uscirne è bastato mettere la retromarcia. Non riusciamo a raggiungere Ko Ping Kan, ci fermiamo nell’isola prima, ci andremo domani con il gommone.
Cena a base di gamberi freschi, comprati da una coppia di pescatori.
Giovedì
Percorriamo le poche miglia che ci separano dall’Isola di James Bond in gommone e sbarchiamo per primi.
C’è una lunga banchina e probabilmente l’isola è visitata da migliaia di persone ogni giorno. Nell’unica zona pianeggiante c’è un piccolo mercatino composto di bancarelle che vendono tutte le stesse cose: cartoline, conchiglie e souvenir che si trovano ormai uguali in tutto il mondo.
Un faraglione con la base erosa che lo rende caratteristico, una grotta il cui ingresso è parzialmente sbarrato da una serie di stalattiti che le danno la forma di una bocca. Il tutto probabilmente era molto bello, ma ora ha perso ogni fascino, è pieno di cartacce, i muri della grotta sono pieni di nomi dei visitatori che hanno voluto lasciare il segno e le venditrici sono chiassose e assillanti.
All’arrivo della prima infornata di giapponesi, che sono i più mattinieri (partenza da Phuket alle 6.30) scappiamo e ce ne andiamo in un’altra isola chiamata Ko Hong, chiaramente per vedere l’ennesimo hong.
Purtroppo non siamo soli, Ko Hong è una delle principali mete dei tour in partenza da Phuket. Le barche, come arrivano scaricano velocemente una quindicina di canoe piatte e gonfiabili su cui prende posto un ragazzo tailandese, che farà da guida e da vogatore, e una coppia di turisti. Passando all’interno di una larga caverna, piena di ghirigori, si entra nel primo hong, un’ampia laguna racchiuse da alte pareti a strapiombo.
E’ una bellissima giornata e la luce che filtra dalle montagne fa apprezzare ancora di più la scenografia. All’interno della laguna, nella zona all’ombra riposano i pescatori, incuranti del notevole traffico di turisti.
Entriamo, con il gommone, dentro una caverna che porta in un altro hong. La caverna è piuttosto stretta e le pareti sono coperte d’ostriche taglienti, remiamo per una cinquantina di metri fino a scoprire che il passaggio è troppo stretto. Annalisa e Patrizia rimangono in gommone, mentre Lorenzo e Gigi si buttano in acqua, e facendo attenzione di non tagliarsi entrano dentro il secondo hong.
Questo è molto più piccolo ed il sole non riesce a penetrare, se non nelle ore in cui è all’apice, quindi all’interno c’è un clima differente, molto più umido, e piante non presenti nell’hong principale. Le persone sulle canoe ci guardano sorpresi, mentre le guide tailandesi, ci dicono di stare attenti ai coccodrilli, speriamo che scherzino!
Usciamo. Fuori fa un caldo soffocante, siamo al momento di massimo traffico, poiché lo stato della marea è ottimo, quindi è un brulicare di canoe colorate.
Attendiamo fino alle 15, quando c’è la bassa marea, per vedere come cambia il paesaggio all’interno dell’hong. Quello che era una laguna è diventata una distesa di fango, però non c’è più nessuno, c’è silenzio e gli uccelli hanno ripreso, temporaneamente, possesso del luogo.
Al ritorno in barca ci fa’ visita un pescatore con in mano uno strano animale. E’ un crostaceo completamente corazzato a forma di ferro di cavallo, il pescatore sostiene che è molto buono, gli crediamo ma glielo lasciamo. Ci spostiamo in un ancoraggio più tranquillo, nel lato ovest di Ko Phanak, davanti ad una grotta che permette l’accesso ad un altro hong, che visiteremo domani
Venerdì
La grotta è lunga e con l’aiuto di una torcia ci facciamo strada. Si sentono strani rumori, sono i pipistrelli che disturbati dalla nostra presenza, svolazzano disordinatamente. Finalmente uno spiraglio di luce, un riflesso azzurro nell’acqua. Purtroppo siamo arrivati troppo presto, la marea è ancora alta e la porta d’ingresso non si è ancora aperta. Siamo tentati di immergersi e dare un’occhiata, ma l’aria all’interno è satura e oppressiva, torneremo più tardi.
Più tardi è troppo tardi!
La marea è adesso troppo bassa, ci sono delle rocce taglienti che emergono e rischiano di tagliare il gommone. Inoltre la corrente in uscita è troppo forte e non riusciremmo a remare. Rinunciamo.
Andiamo ad esplorare la scogliera che è piena di formazioni rocciose veramente spettacolari. Per caso capitiamo in una baietta dove un paio di pescatori, sulle loro long tails arenate sulla spiaggetta, sono con il naso in su.
Cosa ci sarà di così interessante da guardare? In alto ad un centinaia di metri ci sono due loro compagni, che scalzi con una sacca a tracolla, si stanno arrampicando alla ricerca di nidi di rondine. Da sotto fa veramente impressione! Prendono dei rischi enormi, almeno fino a che non raggiungono una radura boscosa dove possono aggrapparsi ai rami.
I due pescatori stanno cuocendo il riso utilizzando un braciere di terracotta. Parlano solo tailandese e nonostante vogliano comunicare, la cosa non è per niente facile e alla fine ci limitiamo a scambiarci dei sorrisi.
Percorriamo le 15 miglia, a motore, per raggiungere il marina Yacht Haven, nel nord dell’isola di Phuket. Domani Gigi e Patrizia ci lasceranno e arriveranno le nostre mamme. Il marina è una cattedrale nel deserto, all’interno del protetto canale che divide l’isola di Phuket dalla terraferma, ed è fuori dal mondo. E’ ancora da completare, però è pieno di barche, alcune anche estremamente lussuose, che evidentemente sono lasciate qui dai ricchi proprietari al sicuro da cicloni ed ispettori fiscali.
Sabato
Giorno di partenza e d’arrivi.
Avere scritto stranieri sulla faccia è sempre dura: la trattativa con un tassista è snervante, prima ci chiede 300 bath, poi dopo mezz’ora ritorna e dice che ne vuole 800 supponendo che essendo in ritardo per l’aeroporto avremmo accettato.
Lo mandiamo a quel paese e per fortuna troviamo un altro tassista onesto.
L’aereo ha due ore di ritardo, poi finalmente le vediamo arrivare. Hanno tre borsoni enormi pieni di pezzi di ricambio per noi, tra l’altro un nuovo asse per l’elica ed uno strallo, oltre all’immancabile parmigiano, prosciutto, ecc..
Cena thai nel ristorante, tutto in teak, del marina.