Mar Rosso

Settimana 188

Dal 31/12/2000 al 06/01/2001

Domenica 31 dicembre 2000

Dangerous Reef
Tutto procede bene fino alle 4 del mattino, quando il vento gira a nord e si intensifica. E’ incredibile vedere quanto poco tempo il mare necessiti per arrabbiarsi da queste parti. In mezz’ora le onde sono già di un paio di metri e la barca salta come un cavallo imbizzarrito.
Cambiamo subito rotta e dirigendoci verso la costa dell’Egitto nella speranza che offra un po’ di riparo dai frangenti. Siamo stanchi e infreddoliti e tesi per la paura di avvistare un reef troppo vicino. La carta nautica non è affidabile, i rilevamenti risalgono al 1830, e ai quei tempi errori di qualche miglio erano comuni. Siamo diretti a Dangerous Reef, che raggiungiamo alle 14, con grande sollievo. L’ancoraggio è dietro una sottile striscia di barriera corallina lunga 2 chilometri e anche se offre una certa protezione, dal punto di vista psicologico non rassicura molto. Non c’è terra emersa, se si esclude due piccole roccette alte un metro e lunghe due occupate da una decina di sule (grossi uccelli marini) che si litigano il poco posto disponibile.
Come gettiamo l’ancora il comitato di accoglienza ci viene a dare il benvenuto. Sono tre grossi delfini che fino al tramonto continuano a girare intorno alla nostra barca. Evidentemente siamo nel mezzo del loro territorio di pesca. Probabilmente il fondale sarà splendido, ma l’acqua fredda, il vento ululante e la stanchezza non ci spingono certo in acqua.

Lunedì 1 gennaio 2001

Ras Banas
Alle 8, scortati da una banda di delfini giocosi, lasciamo Dangerous Reef. Il vento si è calmato un po’, e la navigazione non contro vento e mare, non è troppo dura. Arriviamo a Ras Banas, uno dei pochi capi della costa ovest del Mar Rosso, alle 15. Siamo indecisi se continuare e navigare tutta la notte o fermarci, poi, quando siamo in prossimità del capo il vento rinforza e decidiamo di fermarci.
Il capo è suggestivo: una lunga striscia di sabbia dorata con 3 casette bianche sulla punta. E’ un avamposto militare ma per fortuna non sembrano avere una barca, quindi siamo tranquilli di non avere visite indesiderate. In compenso hanno tre dromedari che probabilmente i militari usano per spostarsi fino al villaggio che dista una decina di chilometri. Ci ancoriamo in 7 metri sul corallo, speriamo che la catena non s’incastri!
Ci facciamo un piatto di tagliatelle col ragù. Intanto il vento si è calmato completamente, siamo indecisi se partire subito o aspettare domani mattina. Il capo di Ras Banas è famoso per essere investito da vento forte e mare grosso, quindi avere la possibilità di passarlo in bonaccia ci alletta molto. Chiediamo consiglio all’appuntamento serale con le barche italiane del Mar Rosso. Renato, che è il massimo esperto della zona, ci suggerisce di dormire qualche ora e partire a mezzanotte se il vento è ancora calmo. In questo modo se poi si alza il vento arriviamo ad un riparo all’alba senza a stare a sbattere in mare tutta la notte. Alle 19.30 siamo già a letto.

Martedì 2 gennaio 2001

Wadi Gimal
A mezzanotte siamo già in piedi. Non c’è un filo di vento e dobbiamo assolutamente approfittarne. E’ buio pesto e prima di levare l’ancora ci prendiamo qualche riferimento, dato che siamo ancorati a pochi metri dalla barriera corallina, e non vogliamo finirci dentro. L’operazione di levare l’ancora si rivela più complicata del previsto. La catena si è incastrata in una testa di corallo e ci tocca tirare e penare per mezz’ora prima di riuscire a partire.
La navigazione notturna procede senza storia, siamo a tutta velocità e maciniamo miglia rubandole al vento contrario che solitamente batte la zona. Alle 10 la pacchia finisce, inizia il ventoe subito il mare si ingrossa. Modifichiamo la rotta e ci dirigiamo verso terra alla ricerca di un riparo.
Lo troviamo a fianco di una bella isola dorata, Wadi Gimal. Ci ancoriamo a mezzogiorno, nonostante il vento il sole è caldo e, prendendo il coraggio a due mani, decidiamo di andare a fare il bagno per vedere un po’ di fondali e pescarci la cena. I fondali sono belli ed il corallo vivo e colorato, l’acqua è gelida e riduce la nostra autonomia a poche decine di minuti, giusto il tempo di pescarci un paio di pesci.

Mercoledì 3 gennaio 2001

Fa un freddo cane!!
Altra giornata di dura navigazione a motore e contro vento. Questa mattina saremmo stati fermi volentieri, ma il vento non era troppo forte, e così ne abbiamo approfittato. Percorriamo 45 miglia e ci ancoriamo dietro un reef, di cui non sappiamo il nome, giusto in tempo prima dell’arrivo del vento forte.
Siamo ancorati vicino ad un barcone che porta in giro i subacquei e quando al calare della sera li vediamo prepararsi per l’immersione, li guardiamo allibiti. Avranno anche una bella muta, ma fa un freddo cane!!

Giovedì 4 gennaio 2001

Ras Torombi
Renato, che sentiamo per radio, dice che abbiamo un gran “culo” perché il vento anche questa mattina è debole. Purtroppo la sua affermazione si rivela una bella gufata e dopo un paio d’ore dalla partenza ci troviamo a saltare come sul tagadà del luna park.
Rimaniamo molto vicino alla costa dove le onde sono meno ripide, ma dove però bisogna fare molta attenzione alla barriera corallina che a volte si protende verso il mare. Sulla costa l’affascinante desolazione del deserto sabbioso è interrotta a volte da mostri di cemento progettati per inscatolare turisti.
Le nostre buone intenzioni di percorrere una quarantina di miglia anche oggi cadono miseramente, resistiamo per 5 ore e poi cerchiamo rifugio a Ras Torombi. Qui, la costa si protende verso il mare e assieme alla barriera corallina crea un’ansa dove le ripide onde non entrano (o meglio entrano poco).
A terra c’è solo una postazione militare, la strada costiera con qualche veicolo di passaggio e le colline di sabbia dorata.

Venerdì 5 gennaio 2001

Quseir
Si ripete la situazione di ieri, partiamo con il vento debole, ma dopo un paio d’ore rinforza e a mezzogiorno ci tocca trovare rifugio a causa delle onde che sono diventate grosse e ci impediscono di avanzare.
Ci fermiamo a Quseir che con nostra sorpresa è una piccola cittadina araba, con tanto di moschee, minareti e… muezzin ogni 5 ore (anche di notte). Il porto, a prima vista, sembra completamente aperto, ma una volta ancorati non si sta malissimo. Sempre meglio che stare a sbattere in mezzo al mare!
Non è stata una gran festa di compleanno per Lorenzo! Qualcuno per radio gli ha augurato cento di questi giorni e lui ha risposto “speriamo di no!”

Sabato 6 gennaio 2001

Safaga
Anticipiamo di poco il muezzin e alle 4 siamo già in moto. Il vento è debole ed il mare relativamente calmo. Ormai abbiamo capito che da queste parti l’unica possibilità per non avere troppo vento, quando il tempo è stabile, è di viaggiare la notte, quindi ci adattiamo. Fino a che non si alza il sole fa un freddo cane, e quello che sta fuori deve coprirsi con 3 o 4 strati di piles e cerate.
Arriviamo a Safaga alle 13, non abbiamo nessuna intenzione di fare le pratiche di ingresso, ci fermiamo solo il tempo necessario per fare un po’ di gasolio. Ci ancoriamo davanti ad un centro diving tedesco e andiamo a terra con le taniche. L’unica possibilità è di prendere un taxi e andarle a riempirle al distributore. Safaga è un ammasso di alberghi e resort costruiti senza alcun criterio lungo le spiagge. La cittadina, per quel poco che vediamo è piuttosto squallida e non rimpiangiamo il fatto di essere di fretta. Gli egiziani cercano di approfittarsene con i turisti, e ci tocca trattare anche per il prezzo del gasolio!
Alle 16 siamo di ritorno in barca, sollevati che tutto sia andato bene; non è piacevole fare i clandestini, ma d’altronde fare le pratiche significa perdere un giorno per uffici. Come tiriamo in coperta il gommone arriva una barca locale, è la polizia di spiaggia. Non parlano inglese, ma ci fanno capire che vogliono vedere i documenti e quando scoprono che non abbiamo il visto ci fanno capire chiaramente che è meglio che ce ne andiamo. Onde evitare problemi lo facciamo in fretta. Il sole ha già fatto capolino dietro le montagne e non è certo la situazione ideale per identificare i pericolosi reef. Arrivando nel pomeriggio avevamo notato un corpo morto su un reef a 2 miglia dal paese e ci dirigiamo li. Fortunatamente la navigazione è breve e quando finalmente agguantiamo la cima dell’ormeggio diamo un bel sospiro di sollievo.